Lo stato infallibile

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TRADUZIONE DI UMBERTA MESINA. G.K.'s Weekly, August 31, 1929

Il moderno attacco al capitalismo è venuto in pratica a significare questo: che lo Stato diventerà il capitalista. Il contrapposto attacco al socialismo è venuto a significare questo: che il capitalista diventerà lo Stato.Entrambi sono errori: ma quello che è considerato il più rivoluzionario è di gran lunga il più rispettabile. È il più tradizionale e addirittura il più conservatore. È evidente che c’è più dignità nel primo concetto—che ciò che già possiede l’autorità morale debba prendersi il potere dei soldi—rispetto al più ignobile concetto che ciò che ha il potere dei soldi debba prendersi l’autorità morale. In teoria, l’eresia del comunismo è più ortodossa dell’eresia della plutocrazia, che non ha più autorità morale della pirateria. In pratica c’è tra di essi un’assai piccola differenza. Dovremmo essere servi o del capitalista-Stato e dello Stato-capitalista.Tuttavia, è bene comprendere perché siano entrambi sbagliati nella teoria, vale a dire, nella teologia. Se la vera ragione è stata sottolineata soprattutto da teologi cattolici, è perché nel moderno stato d’animo emotivo comincia a sembrare che non ci siano più teologi tranne i teologi cattolici. Chiunque altro è così spaventato dall’idea di essere chiamato un teorico che si ritrae dall’essere teologico; e professa con orgoglio una religione che definisce “pratica” e che qualcuno chiama “sentimentale”. I pagani ne sapevano di più: ed è sempre stato definito un profeta del cristianesimo chi diceva che la felicità dell’umanità sta nel conoscere le cause delle cose. Risalire alle origini delle cose in maniera ragionevole è la sola premessa soddisfacente al godimento evoluzionista di guardarle mentre crescono.Ora, cominciando il discorso da dove veramente comincia, in questa maniera, la risposta al socialismo è questa: è vero che lo Stato ha un’autorità morale. Ma non è vero, come il socialismo assume esser vero, che lo Stato sia la sola realtà ad avere autorità morale. Ancor più definitive e morali dello Stato, a nostro modo di vedere, sono tre cose: la Famiglia, la Chiesa e la sana e normale coscienza umana, che è la voce di Dio.E non è perché lo Stato è troppo ideale per avere autorità, ma perché anche queste cose hanno autorità, in certi casi perfino contro lo Stato, che noi rigettiamo l’intera logica del comunismo. Un uomo sano sente con una certezza basilare che il suo Creatore è al di sopra di tutti i prìncipi e i politici, che il suo matrimonio è più sacro dei contratti sociali occasionali, che i suoi figli sono suoi e che la sua proprietà non è una finzione giuridica ma una necessità viva. Questi sono princìpi assai elementari e perciò eterni; ma è bene ogni tanto ripeterli chiaramente come un credo; perché, anche se novantamila giornali ripetono che i credi hanno diviso gli uomini, rimane vero che nulla tranne un credo può unirli.Riguardo alla condizione priva di credo, e dunque caotica, del nostro tempo, prenderò solo una di queste idee ed esaminerò come appare in questo caos. Prenderò il caso dell’istituto del matrimonio. Per una persona che davvero comincia dall’inizio, è assai sconcertante seguire le argomentazioni, o piuttosto supposizioni, del normale comunista o collettivista. Sembra che non abbia mai sentito parlare di qualcuno che accetti l’autorità della famiglia. Cosa ancora più strana, però, non sembra aver mai sentito di nessuno che contesti l’autorità dello Stato.In assoluto, o in astratto, è veramente strano. Ecco da un lato qualcosa a cui non ho mai chiesto di appartenere, a cui non ho mai promesso di essere fedele, mi sveglio e mi ci trovo dentro, come in una qualche fantastica prigione sulle cui regole non ho realmente nessun controllo; qualcosa che si chiama Inghilterra; o, se preferite, Russia; o, se preferite, Utopia. Ad ogni modo, non ci sono entrato facendo alcuna promessa né accettando alcuna condizione; ci sono entrato da infante impotente e non posso sperare, da me, di essere nient’altro che una irrimediabile minoranza. Ma sono, a quanto pare, moralmente vincolato dalle decisioni della maggioranza, o di qualunque forza muova la maggioranza. Devo, secondo tutti gli argomenti comunitari, accettare qualunque cosa la comunità faccia al singolo. Non ho il diritto di usare il mio privato giudizio e di accumulare e nascondere la mia proprietà privata. Lo Stato è sacro; è il solo altare che il rivoluzionario ha lasciato in piedi; e perché l’abbia lasciato in piedi, io non lo so.Dall’altro lato, ecco qualcosa a cui ho chiesto io di appartenere; in cui sono entrato di mia libera volontà; riguardo alla quale ho fatto promesse e accettato condizioni; qualcosa che io stesso ho costruito, e costruito consapevolmente e dichiaratamente per chiudermici dentro. È chiamato lo stato matrimoniale; e potrei benissimo aver abbracciato tale stato, e fatto tali promesse, senza pensare al Governo, senza sapere sotto quale Governo mi trovassi o anche senza essere soggetto a nessun Governo. Potrei averlo fatto dopo avere incontrato una donna che vagava nel deserto; dopo aver fatto naufragio con una donna su un’isola deserta; dopo aver fatto un patto con una donna sotto una tirannia che ci stava perseguitando entrambi per distruggerci; dopo essere fuggito con una donna da una civiltà che stava crollando e sparendo come le Città della Valle [Sodoma e Gomorra: Genesi 19, 29].Secondo ogni immaginabile senso comune morale, mi pare, io sono più vincolato da questo vincolo personale di mia propria fattura che dall’impersonale vincolo della società, che nondimeno accetto come una necessità sociale. Eppure un uomo potrebbe leggere un centinaio di romanzi moderni, e un migliaio di giornali moderni, e mai vedere accennata una parola su questo unico punto di vista. In tutti quei romanzi e giornali, troverà supposto automaticamente e incessantemente che l’impegno assunto personalmente dall’uomo non conta niente, ma che l’assoluzione assicuratagli da un avvocatuccio in parrucca di crine conta tutto. Il crine è sacro, perché è lo Stato, e niente ha autorità tranne lo Stato; nemmeno l’Anima.Questa è l’eresia del socialismo, che non è affatto confinata ai socialisti; ma ora è, in effetti, la moralità prevalente dei capitalisti. E ripeto che, alla luce primigenia del senso comune, questo mi sembra assai bizzarro.
G.K. Chesterton

G.K. Chesterton was born in Kensington, London on May 29, 1874. Chesterton was one of the most prolific writers of all time. He wrote thousands of essays for the London newspapers on virtually every subject imaginable. He was the author of over one hundred books and contributed to over 200 others. For more information, visit the American Chesterton Society.

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